La successione di Giorgio Armani

Il capolavoro giuridico dietro l’eredità del re della moda

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Giorgio Armani

Libertà assoluta: quando la legge lo consente

Il primo elemento che colpisce è la libertà con cui Armani ha potuto disporre dei suoi beni. In Italia, la legge tutela i cosiddetti “legittimari” (coniuge, figli e, in mancanza, ascendenti), riservando loro una quota di eredità (artt. 536 e ss. c.c.).

Ma Armani, non avendo né coniuge né figli, si è trovato nella rara condizione di poter decidere senza vincoli come e a chi destinare il suo patrimonio. Una libertà che ha saputo sfruttare con la consueta precisione sartoriale.

Da ricordare che, se Giorgio Armani avesse stipulato con il compagno una unione civile ai sensi della Legge 20 maggio 2016, n. 76 (“Legge Cirinnà”), quest’ultimo sarebbe stato equiparato al coniuge anche ai fini successori (art. 1, commi 20-21, L. 76/2016), acquisendo così i diritti di legittima e la posizione di erede necessario.

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I principi di gestione: la filosofia Armani diventa norma

Armani non si è limitato a distribuire beni e poteri. Ha voluto che la sua filosofia diventasse norma giuridica. Ha imposto alla Fondazione e agli organi sociali il rispetto di principi chiari: gestione etica, sviluppo globale del marchio, diversificazione, innovazione, equilibrio finanziario. In questo modo, la coerenza con i valori che hanno reso unico il brand è diventata obbligatoria per chiunque guiderà l’azienda in futuro.

Due testamenti segreti, una regia coordinata

Non uno, ma ben due testamenti segreti sono stati depositati presso notaio a pochi giorni di distanza, ai sensi degli artt. 604 e 620 c.c. Una scelta che rivela la volontà di Armani di mantenere il massimo riserbo e, al tempo stesso, la massima flessibilità.

Il secondo testamento, datato 14 marzo 2025, non revoca il primo (aprile 2025), ma lo integra: le due disposizioni sono pensate per essere complementari, secondo il principio di compatibilità previsto dall’art. 682 c.c. In pratica, Armani ha utilizzato la tecnica del “testamento integrativo”, aggiungendo dettagli e precisazioni senza annullare quanto già disposto. Un modo per evitare lacune, sovrapposizioni e, soprattutto, per garantire che la sua volontà fosse rispettata in ogni dettaglio.

La Fondazione Giorgio Armani: il vero custode del brand

Il cuore della pianificazione è la Fondazione Giorgio Armani, ente di diritto privato creato nel 2016 ai sensi degli artt. 14 e ss. c.c. Non si tratta di una semplice erede, ma di un vero e proprio presidio di governance.

La Fondazione detiene il 100% delle azioni della Giorgio Armani S.p.A. e ha il compito di garantire la stabilità e l’indipendenza del gruppo. Grazie a un sistema di voti rafforzati e poteri di veto sulle decisioni più importanti (come modifiche statutarie, fusioni, scissioni, distribuzione di riserve ex art. 2348 c.c.), la Fondazione si assicura che il marchio resti fedele ai valori del fondatore.

Azioni, voti e contrappesi: la governance “blindata”

Armani ha sfruttato al massimo la flessibilità offerta dal diritto societario, introducendo sei categorie di azioni (dalla A alla F), tutte con pari diritti economici ma con differenti poteri di voto. In questo modo, il potere decisionale non è legato solo alle quote di capitale, ma anche al ruolo e alla fiducia personale. La Fondazione mantiene almeno il 30% dei voti e il diritto di veto, mentre figure chiave come Pantaleo Dell’Orco (compagno e manager di fiducia) e i nipoti Silvana Armani e Andrea Camerana dispongono di quote di voto e/o usufrutto. Un sistema di pesi e contrappesi che previene conflitti e garantisce la continuità.

Apertura strategica del capitale: la visione oltre la successione

Per decenni, Armani ha difeso la sua azienda da ogni tentativo di scalata. Ma nel testamento, la strategia cambia: entro 18 mesi dalla successione, la Fondazione dovrà cedere il 15% delle azioni a un partner industriale di primo piano (LVMH, EssilorLuxottica, L’Oréal). Dal terzo al quinto anno, potranno essere cedute ulteriori quote fino al 54,9% del capitale, oppure si potrà optare per la quotazione in Borsa. Non è una semplice vendita, ma una scelta strategica per rafforzare la crescita internazionale del gruppo, mantenendo però la governance saldamente in mano alla Fondazione, che non potrà mai scendere sotto il 30,1%.

I beni privati: tra famiglia e affetti

Non meno curata è stata la destinazione dei beni privati:

  • Immobili di pregio (Milano, St. Moritz, Saint-Tropez, New York, Pantelleria, Antigua)
  • Partecipazioni finanziarie (tra cui quasi il 2% di EssilorLuxottica)
  • Opere d’arte di valore

sono stati attribuiti a familiari e persone di fiducia, spesso tramite strumenti come nuda proprietà, usufrutto, legati e trust. Ogni bene ha un destino preciso, regolamentato fin nei dettagli, persino per l’utilizzo delle case o dello yacht.

Fisco e internazionalizzazione: la pianificazione non lascia nulla al caso

Uno degli aspetti più innovativi riguarda l’attribuzione della nuda proprietà delle azioni della Giorgio Armani S.p.A. alla Fondazione Armani, ente non profit riconosciuto ai sensi degli artt. 14 e ss. c.c. Questa scelta, secondo l’interpretazione prevalente, non genera l’applicazione dell’imposta di successione, in quanto il trasferimento a favore di una fondazione non commerciale è escluso dall’ambito impositivo (art. 3, D.Lgs. 346/1990).

In questo modo, la maggioranza del patrimonio societario viene mantenuta al riparo dal prelievo fiscale successorio, garantendo stabilità e continuità al gruppo.

Diverso è il discorso per i lasciti a favore delle persone fisiche. In assenza di discendenti e coniuge (e quindi senza legittimari), le aliquote applicabili sono determinate come segue:

  • Familiari (fratelli, sorelle e loro figli): ai sensi dell’art. 2, comma 48, D.Lgs. 346/1990, si applica l’aliquota del 6% sul valore eccedente la franchigia di 100.000 euro per ciascun beneficiario.
  • Altri soggetti (collaboratori): per i lasciti a favore di soggetti privi di rapporti di parentela con il defunto, come Pantaleo Dell’Orco o altri collaboratori, si applica l’aliquota dell’8% senza alcuna franchigia.

Un ulteriore elemento che riduce sensibilmente l’onere fiscale complessivo è la determinazione della base imponibile. L’imposta dovuta dalle persone fisiche sui trasferimenti di partecipazioni societarie si calcola prendendo come riferimento il valore del patrimonio netto delle società interessate, e non il valore di mercato delle azioni.

Inoltre, nessuna delle persone fisiche ha ricevuto il controllo “di diritto” della società. Ciò impedisce l’applicazione delle esenzioni totali previste per il trasferimento di aziende o rami d’azienda che garantiscano il controllo (art. 3, comma 4-ter, D.Lgs. 346/1990), ma assicura che il valore imponibile sia limitato al patrimonio netto contabile.

Di conseguenza, pur a fronte di un patrimonio complessivo stimato in 11-13 miliardi di euro, l’imposta effettiva sarà “senz’altro assai inferiore” rispetto a un calcolo teorico (che avrebbe potuto sfiorare i 900 milioni di euro), proprio grazie a questa impostazione tecnica e strategica.

Il messaggio finale: la successione non si improvvisa

La lezione che arriva dal caso Armani è chiara: la successione non può essere lasciata al caso. Senza regole, i conflitti sono inevitabili; con una pianificazione attenta, invece, si costruisce continuità e si trasmettono non solo beni, ma anche valori.

Giorgio Armani ha dimostrato che la Fondazione può essere lo strumento per custodire un’eredità valoriale oltre che economica, trasformando il patrimonio in un ponte tra generazioni e il marchio in un bene comune da proteggere.