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L’istituto dell’eredità giacente, disciplinato dall’art. 528 c.c., si configura come uno strumento di tutela del patrimonio ereditario in tutti i casi in cui, a seguito della morte del de cuius, non siano immediatamente individuabili gli eredi o in cui i chiamati non abbiano ancora accettato o rinunciato all’eredità. In tale contesto, il Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione nomina un curatore con il compito di amministrare e custodire i beni ereditari, prevenendo la dispersione del patrimonio e garantendo la tutela dei creditori e dei terzi. Il curatore dell’eredità giacente svolge dunque una funzione pubblicistica, agendo nell’interesse della massa ereditaria e non quale rappresentante degli eredi o dello Stato.
La recente giurisprudenza, culminata nella Sentenza CGT Roma n. 7305/2025, ha chiarito che il curatore dell’eredità giacente non può essere gravato personalmente dagli obblighi di pagamento delle imposte di successione, ipotecarie e catastali, se non nei limiti delle disponibilità dell’asse ereditario. In presenza di eredità prive di attivo o destinate allo Stato, nessuna pretesa fiscale può essere legittimamente avanzata nei confronti della curatela.
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